Cosa Succede se una Parte non Partecipa alla Mediazione? Effetti, Rischi e Strategie
Nel percorso verso la risoluzione di una controversia, la mediazione rappresenta un momento cruciale, soprattutto nei casi in cui costituisce una condizione di procedibilità. Tuttavia, può accadere che una delle parti non si presenti all’incontro. Questo comportamento solleva una serie di domande: cosa succede alla procedura? Quali sono le conseguenze giuridiche? E soprattutto: che valore ha quella mancata partecipazione nel processo eventuale successivo? Capire gli effetti del mancato coinvolgimento di una parte è essenziale sia per chi vuole promuovere la mediazione, sia per chi si trova dall’altra parte e valuta se partecipare o no.
La procedura può proseguire anche se una parte non si presenta?
In una mediazione civile e commerciale regolata dal D.lgs. 28/2010, è sufficiente che una delle parti si presenti al primo incontro perché la procedura possa formalmente avviarsi e proseguire. Tuttavia, se solo una parte compare e l’altra si assenta, il mediatore può verbalizzare l’impossibilità di avviare la mediazione per assenza di una delle parti. In questo caso, la mediazione si chiude senza esito, e la parte presente può allegare il verbale per dimostrare di aver tentato il procedimento. Quando la mediazione è obbligatoria, la presenza anche solo di una parte permette comunque di soddisfare la condizione di procedibilità della domanda.
Non è però detto che la procedura debba necessariamente finire lì: la parte presente può chiedere al mediatore di formulare un invito formale alla controparte, riaprendo così uno spiraglio per la prosecuzione della procedura. In alcuni casi, ricevere un secondo invito formale, a fronte della documentazione già depositata, può portare la parte inizialmente assente a rivalutare la sua posizione e a partecipare successivamente.
Quali sono le conseguenze giuridiche della mancata partecipazione?
L’art. 8, comma 4-bis del D.lgs. 28/2010 stabilisce che “dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro” il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo processo, ai sensi dell’art. 116, comma 2, del codice di procedura civile. Ciò significa che il comportamento di chi decide di non partecipare alla mediazione può influenzare il giudizio, non tanto in termini di colpevolezza, ma come elemento che il giudice può considerare per valutare la condotta complessiva della parte.
La mancata partecipazione può inoltre essere rilevante per la ripartizione delle spese di lite. Il giudice, infatti, può decidere – anche in caso di soccombenza parziale – di non riconoscere le spese alla parte che non ha partecipato alla mediazione o, addirittura, di condannarla a sostenerle integralmente, se ritiene che l’atteggiamento processuale sia stato poco collaborativo. Questo principio trova sempre più applicazione nei tribunali, dove si rafforza l’idea che partecipare alla mediazione non sia solo un adempimento formale, ma una vera e propria dimostrazione di buona fede.
Esistono motivi validi per non partecipare alla mediazione?
Sì, ma devono essere reali, documentabili e comunicati in modo tempestivo. La semplice indisponibilità generica o l’assenza di interesse non bastano a giustificare la mancata comparizione. I motivi validi possono essere legati a gravi impedimenti personali, sopraggiunte urgenze processuali o problemi organizzativi dell’ente convocato, purché siano dimostrabili. In alcuni casi, la parte può delegare un rappresentante o chiedere un rinvio motivato, dimostrando comunque la volontà di partecipare.
È importante sottolineare che non partecipare per scelta strategica, al solo fine di rinviare la causa o di ostacolare il procedimento, è un comportamento che può ritorcersi contro chi lo adotta. I tribunali iniziano a considerare l’assenza ingiustificata come un fattore negativo che incide sulla valutazione complessiva del comportamento processuale.
Come deve comportarsi la parte diligente?
La parte che intende attivare la mediazione o che viene convocata, se vuole agire in modo strategico e responsabile, dovrebbe sempre partecipare. Presentarsi al primo incontro non significa impegnarsi a conciliare, ma dimostrare disponibilità al confronto. Il mediatore, peraltro, non obbliga le parti ad accettare alcuna proposta: chi partecipa conserva sempre piena autonomia.
Anche in caso di partecipazione “di cortesia”, la presenza permette di raccogliere informazioni preziose sull’intenzione della controparte, valutare eventuali margini di trattativa, oppure chiarire la propria posizione senza dover passare per il filtro di un atto giudiziario. È quindi sempre preferibile adottare una condotta collaborativa, anche se si è convinti che la mediazione non porterà a un accordo.
Conclusione: il rischio dell’assenza è più alto del beneficio
Nel bilancio tra rischi e benefici, la mancata partecipazione alla mediazione si rivela spesso un errore strategico. I potenziali svantaggi – sotto il profilo procedurale, economico e reputazionale – superano di gran lunga i vantaggi di sottrarsi al confronto. Partecipare alla mediazione non costa molto, ma dimostra serietà e apertura al dialogo, anche quando le posizioni sembrano inconciliabili.
Il messaggio che deriva dalla giurisprudenza più recente è chiaro: chi partecipa alla mediazione, anche senza concludere un accordo, agisce con correttezza; chi si sottrae senza valido motivo, rischia di subire conseguenze processuali ed economiche rilevanti. La mediazione, in questo senso, non è solo uno strumento di risoluzione alternativa, ma un indicatore di responsabilità processuale. Ignorarlo può costare caro.