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La Mediazione nei Contratti con la Pubblica Amministrazione: Nuove Aperture e Prospettive Concrete

Per molto tempo, la mediazione civile e commerciale è stata considerata un terreno riservato esclusivamente ai rapporti tra privati. La Pubblica Amministrazione (PA), con i suoi vincoli normativi, le rigidità burocratiche e la sua peculiare disciplina dei contratti, sembrava esclusa da questa forma di risoluzione alternativa delle controversie. Eppure, negli ultimi anni il quadro è cambiato: la riforma Cartabia, le linee guida dell’ANAC e una giurisprudenza più aperta hanno progressivamente delineato uno spazio operativo anche per la PA all’interno del sistema della mediazione. Un’apertura che, se ben gestita, può trasformarsi in un’opportunità preziosa per enti pubblici, imprese e cittadini.

Un’evoluzione normativa ancora poco conosciuta

Il D.lgs. 28/2010 non esclude la partecipazione della PA alla mediazione. Tuttavia, solo recentemente si è affermata l’idea che anche l’Amministrazione possa — e in certi casi debba — parteciparvi attivamente. Con la legge delega n. 206/2021, la riforma della giustizia civile ha espressamente previsto l’estensione dell’ambito applicativo della mediazione ai contratti pubblici. L’art. 1, comma 17, lettera a), indica tra i principi e criteri direttivi il favor per l’utilizzo degli strumenti alternativi anche nei rapporti con le amministrazioni. Un segnale normativo importante, che apre nuove strade e impone un cambio di approccio.

La circolare ANAC e i chiarimenti sul ricorso alla mediazione

Un momento chiave di svolta è stato il Parere ANAC n. 100 del 1° dicembre 2020, che ha chiarito la possibilità per le amministrazioni di aderire ad accordi transattivi anche in sede di mediazione, a condizione che siano rispettati i principi di legittimità, economicità, trasparenza e parità delle parti. L’Autorità ha ribadito che la transazione in sede di mediazione è uno strumento compatibile con l’ordinamento pubblico e può rappresentare un atto di buona amministrazione, purché sia adeguatamente motivata.

Questo ha consentito alle stazioni appaltanti di valutare concretamente la possibilità di mediare, soprattutto in ambito contrattuale, senza timore di incorrere in rilievi contabili o disciplinari. Il principio è chiaro: se la mediazione è vantaggiosa per l’ente e rispetta la legge, può (e deve) essere considerata.

Quali controversie possono essere mediate con la PA

Le ipotesi sono numerose e riguardano spesso contratti pubblici: appalti, concessioni, somministrazioni, affidamenti. In questi casi, l’insorgere di contestazioni su inadempimenti, ritardi, penali, sospensioni o varianti può sfociare in un contenzioso lungo e costoso. In alternativa, le parti — anche se una di esse è un ente pubblico — possono tentare una mediazione per risolvere la lite in modo condiviso.

Anche nei rapporti con i cittadini o con le imprese in ambiti extracontrattuali (es. risarcimenti per danni da disservizi o responsabilità medica), la PA può essere chiamata a mediare. Non c’è un limite assoluto, purché si tratti di diritti disponibili e l’accordo persegua un interesse pubblico legittimo e documentabile.

La questione dell’autorizzazione a transigere

Uno dei nodi principali nella partecipazione della PA alla mediazione è la necessità — in molti casi — di un provvedimento autorizzativo (della Giunta, del dirigente competente, dell’autorità di vigilanza). L’ente pubblico, infatti, non può impegnarsi validamente in un accordo se l’organo rappresentante non ha il potere di assumere quell’obbligo. Questo comporta che, spesso, l’accordo venga definito “salvo approvazione”, oppure che la seduta venga aggiornata per consentire il rilascio dell’autorizzazione.

Tuttavia, proprio la mediazione consente di gestire questa complessità con maggiore flessibilità: il mediatore può fissare un nuovo incontro, verbalizzare i termini dell’intesa e attendere l’adozione del provvedimento. L’importante è che le parti comunichino in modo trasparente e che l’ente partecipi con un rappresentante informato e autorizzato almeno a trattare.

La mediazione come strumento di buona amministrazione

Se ben utilizzata, la mediazione può essere per la PA uno strumento di efficienza. Evitare un contenzioso significa risparmiare risorse pubbliche, tempi amministrativi, costi legali. Significa anche migliorare i rapporti con i cittadini e le imprese, mostrando un volto più dialogante e responsabile. Questo ha un valore anche reputazionale e può rafforzare la fiducia nelle istituzioni. La mediazione non è in contrasto con i principi di legalità e imparzialità, anzi: può essere un modo per tutelare meglio l’interesse pubblico, quando la lite ha costi superiori ai benefici.

Esempio pratico: la sospensione di un contratto d’appalto

Un’impresa affidataria di un appalto pubblico ha subito una sospensione del cantiere per decisione unilaterale dell’ente. La ditta ha richiesto un indennizzo per i danni subiti, ma l’ente ha contestato la richiesta. Il contenzioso minacciava di sfociare in una causa amministrativa. Le parti hanno optato per una mediazione. Dopo due incontri, il Comune ha riconosciuto un indennizzo parziale, ritenendolo economicamente più vantaggioso rispetto ai costi e ai rischi del processo. Il responsabile dell’area tecnica ha presentato una relazione motivata e la Giunta ha approvato l’accordo. Il conflitto si è chiuso in tre mesi, senza danni per l’amministrazione né per l’impresa.

La strada è aperta, ma serve formazione e cultura

Perché la mediazione con la PA diventi una prassi, serve un cambiamento culturale. È necessario che dirigenti, funzionari, responsabili del procedimento conoscano la mediazione, comprendano le sue potenzialità e sappiano come attivarla nel rispetto delle regole. Allo stesso tempo, i legali che assistono le imprese devono essere in grado di interloquire con l’amministrazione in modo costruttivo, senza pregiudizi o rigidità.

Il quadro normativo lo consente, le prassi si stanno consolidando, le esperienze positive aumentano. Ora è il momento di fare il salto di qualità: inserire stabilmente la mediazione tra gli strumenti ordinari di gestione dei conflitti anche nel settore pubblico.

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