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Come Gestire le Emozioni Negative in Mediazione

Le emozioni negative sono una costante nei tavoli di mediazione. Rabbia, frustrazione, delusione: tutti sentimenti che nascono dal conflitto e che, se non gestiti correttamente, possono trasformarsi in barriere insormontabili. La tentazione di ignorare queste emozioni è forte. Dopo tutto, la mediazione dovrebbe concentrarsi sulle soluzioni, non sui problemi emotivi. Eppure, ignorare la componente emotiva è il modo migliore per fallire. Le emozioni represse trovano sempre un modo per emergere, spesso nei momenti meno opportuni. È per questo che il mediatore deve riconoscerle, accoglierle e utilizzarle come strumenti per il dialogo.

Quando una parte manifesta rabbia o risentimento, il primo istinto potrebbe essere quello di riportare l’ordine, magari invitandola a calmarsi. Ma il controllo non si ottiene reprimendo. La rabbia, per esempio, può essere un’espressione di paura, di perdita di controllo o di una percezione di ingiustizia. Il mediatore deve indagare con delicatezza per capire cosa si nasconde dietro quella reazione. Invece di dire “Si calmi, per favore”, potrebbe essere più efficace dire “Capisco che questa situazione la stia turbando. Mi racconti cosa la preoccupa di più”. In questo modo, si trasforma un potenziale ostacolo in un’opportunità per far emergere informazioni chiave.

Anche la frustrazione gioca un ruolo fondamentale nelle dinamiche conflittuali. Spesso deriva dal sentirsi bloccati, dall’impressione che le proprie richieste non vengano comprese o dalla paura di non ottenere ciò che si desidera. Quando una parte è frustrata, il mediatore deve offrire uno spazio sicuro in cui esprimere questa sensazione. Non si tratta solo di ascoltare, ma di dimostrare empatia. La semplice frase “Capisco perché può sentirsi così” ha un effetto calmante, perché comunica alla parte che il suo disagio non è stato ignorato.

Ci sono poi emozioni più sottili, come il senso di delusione. A differenza della rabbia, la delusione è meno evidente, ma altrettanto pericolosa. Una parte delusa potrebbe non manifestare apertamente il proprio disappunto, ma il suo atteggiamento può diventare passivo-aggressivo, sabotando il processo di mediazione. In questi casi, il mediatore deve prestare attenzione ai segnali non verbali e, se necessario, affrontare il tema direttamente. “Mi sembra che qualcosa non la convinca. C’è qualcosa di cui vorrebbe parlare prima di andare avanti?” Una domanda semplice, ma che può evitare incomprensioni future.

Infine, bisogna ricordare che anche il mediatore è soggetto a emozioni. Una sessione particolarmente difficile può generare stress, stanchezza o persino frustrazione. Essere consapevoli delle proprie emozioni è fondamentale per evitare di reagire in modo impulsivo o difensivo. Un mediatore che riesce a gestire le proprie emozioni diventa un esempio per le parti, dimostrando che è possibile affrontare anche le situazioni più complicate con calma e lucidità.

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