La cassetta degli attrezzi del Mediatore Parte 5: il dialogo
Il dialogo, nella sua essenza più profonda, è molto più di un semplice scambio di parole.
Secondo il fisico e filosofo David Bohm, il dialogo è un processo complesso e dinamico, una sequenza continua di feedback tra i partecipanti che può portare alla vera comprensione reciproca. In tale prospettiva, il dialogo non va visto come una forma di comunicazione superficiale o come uno strumento per raggiungere un consenso rapido e approssimativo. Al contrario, per il dialogo rappresenta un mezzo per esplorare e trasformare le nostre strutture mentali più radicate, un processo che può essere tanto costruttivo quanto doloroso.
In “On Dialogue,” Bohm descrive il dialogo come un campo in cui le differenze emergono naturalmente e, a volte, in modo violento.
Non è un semplice “volemose bene” o un tentativo di evitare conflitti; piuttosto, è uno spazio in cui le tensioni e le contraddizioni possono essere espresse apertamente e, attraverso un processo di ascolto e risposta, trasformate. Bohm sottolineava che il vero dialogo richiede di sospendere le proprie opinioni e di essere disposti ad affrontare la dissonanza e lo scontro.
Questo concetto è fondamentale per la mediazione.
Spesso, c’è la percezione che il dialogo sia uno strumento per “calmare le acque”, per trovare un compromesso che accontenti tutti, magari sacrificando le proprie aspettative o l’autenticità delle proprie emozioni. Ma il dialogo è molto di più: è un campo di battaglia mentale, dove le idee si scontrano, le emozioni possono esplodere, e le emozioni nascoste possono finalmente emergere. È un processo che può essere tanto duro quanto necessario, perché attraverso questo scontro di idee e prospettive si arriva a una comprensione più profonda e, in definitiva, a una risoluzione più solida e duratura.
Sono numerosi gli esperimenti condotti sul dialogo, spesso in gruppi composti da individui con background e opinioni diverse. Questi esperimenti dimostrano che, quando le persone sono disposte a partecipare a un dialogo autentico, senza pregiudizi o l’intenzione di prevalere sugli altri, possono emergere nuove comprensioni che vanno oltre la semplice somma delle opinioni individuali. Il dialogo, in questo senso, non è solo uno strumento per risolvere i conflitti, ma un mezzo per evolvere come individui e come comunità.
Nella pratica della mediazione, il dialogo può prendere molte forme. A volte è uno scambio pacato e riflessivo; altre volte, è uno scontro crudo e diretto. Il mediatore, in questo contesto, non è solo un facilitatore, ma un custode del processo dialogico, che aiuta le parti a navigare attraverso la complessità e l’intensità delle loro interazioni.
È importante sottolineare che il dialogo non è un processo lineare. Non si tratta di iniziare con un problema e arrivare rapidamente a una soluzione. Piuttosto, è un viaggio che può essere imprevedibile, con momenti di tensione e scontro che sono essenziali per raggiungere una comprensione più profonda. È attraverso questi momenti che le parti possono scoprire verità nascoste, sia su sé stesse che sugli altri, e creare le basi per una risoluzione che sia veramente significativa.
In questo senso, il dialogo richiede coraggio. Non è per i deboli di cuore, ma per coloro che sono disposti a mettersi in gioco, a mettere in discussione le proprie convinzioni e a confrontarsi con la possibilità di essere cambiati dal processo. È un’esperienza che, se condotta con integrità e apertura, può portare a una trasformazione profonda, non solo nella risoluzione del conflitto, ma anche nel modo in cui vediamo noi stessi e gli altri.